Quae volumus, credimus libernter (Crediamo volentieri ciò che vorremmo)

Ci arroghiamo la conoscenza e l’esistenza, circondati da Guru, sedati e storditi dai media, dai social e da chi ha la verità a portata di mano e, con pochi euro la può infondere anche a noi.
L’edulcorazione di una vita felice, scevra da qualunque fatica e sofferenza ricca di emozioni forti alla portata di tutti, ha generato una sorta di anestetico, di filtro della realtà.
Ci illudiamo di conoscere le emozioni, spesso usate come palliativo antropologico, sfruttate da politici, manipolate dai media per produrre indecifrabili algoritmi.
Un perbenismo emozionale ci illude di avere la strada della conoscenza, occludendo tutti i canali comunicativi primordiali a fronte di tecniche immaginifiche.
Due grandi scuole di pensiero analizzano le emozioni:
– l’una riduce ad una manciata di emozioni basilari, innate e uguali in tutto il mondo,
-l’altra, investigando i volti umani, misurando segnali elettrici, afferma che il nostro cervello non possiede circuiti emozionali precostituiti, ma possiede emozioni costruite sulla base di predizioni.

Iniziando da Darwin passando per  Ekman e continuando…

L’idea che le nostre emozioni, come per i colori , si possano riassumere in “emozioni primarie” risale a molti anni or sono, un’idea pre Darwiniana, consolidata da alcuni psicologi evoluzionisti, tra i quali  Paul Ekman.Ekman dimostrò, contrariamente alle convinzioni di molti antropologi, che le espressioni facciali e le emozioni non vengono determinate dalla cultura del posto o dalle abitudini e tradizioni, ma sono universalmente uguali in tutto il mondo, poiché sono di origine biologica.

Le emozioni “base” indicate nel 1972 da Ekman  sono:

  • felicità
  • tristezza
  • paura
  • disgusto
  • rabbia
  • sorpresa

queste emozioni vengono espresse in modo identico in tutto il mondo e quindi potremmo considerarle come elementi costitutivi delle nostre vite emotive.
Nel 1992 sempre Ekman ampliò la lista delle emozioni aggiungendo:

  • Divertimento
  • Disprezzo
  • Contentezza
  • Imbarazzo
  • Eccitazione
  • Colpa
  • Orgoglio dei propri successi
  • Sollievo
  • Soddisfazione
  • Piacere sensoriale
  • Vergogna

Ritengo che la visione di Ekman non colga esattamente il significato di emozione, certamente la fisologia è estremamente importante, tuttavia non è l’unico motivo per il quale percepiamo le cose in un determinato modo e in qualunque momento. Il percepito emozionale, stando agli sviluppi delle più recenti scienze cognitive, mostra come le reazioni emotive non sono semplici riflessi, ma sistemi elastici estremamente complessi che dipendono sia dalla nostra natura biologica sia dalle culture nelle quali viviamo.  Sono fenomeni cognitivi. Vengono formate non solo dal nostro corpo ma anche dai nostri pensieri, dalle nostre concezioni e dal nostro linguaggio.La neuroscienziata Lisa Feldman Barrett  si è interessata molto alla  relazione dinamica tra parole ed emozioni. Sostiene che quando impariamo una nuova parola per descrivere un’emozione, sicuramente seguono  nuove sensazioni. L’emozione viene “trasfigurata” dal tempo, le sensazioni provate in passato “profumano “ diversamente dall’attimo in cui sono state vissute, gli angoli del ricordo vengono smussati o appuntiti, il tempo è un mare che arrotonda i ciottoli delle emozioni.
La parola descrive una realtà, un’emozione diversa, ci sono parole intraducibili che descrivono emozioni, sono molte e provengono da lingue diverse.
Tom Lomas, professore e ricercatore alla East London University ha intrapreso un progetto di  lessicografia che mira ad inserire quante più possibile di queste parole nel vocabolario quotidiano.

Desbundar (portoghese): liberarsi dalle proprie inibizioni durante il divertimento

Tarab (arabo): stato di estasi indotto dall’ascolto della musica

Shinrin-yoku (giapponese): il rilassamento ottenuto dal bagno nella foresta, in senso figurato o letterale

Gigil (Tagalog, la lingua più parlata delle filippine): l’irresistibile voglia di pizzicare o stringere qualcuno perché lo si ama

Yuan bei (cinese): senso di completa e perfetta realizzazione

Natsukashii (giapponese): nostalgia del passato, si prova allegria per i ricordi, felicità e allo stesso tempo tristezza perché quel momento è passato

Wabi-sabi (giapponese): “oscura e desolata sublimità” centrata sulla caducità e l’imperfezione nella bellezza

Saudade (portoghese): nostalgia per una persona, un luogo o una cosa che è lontana nello spazio e nel tempo. Un sentimento vago, nostalgico e malinconico per qualcosa che potrebbe non esistere nemmeno.
Oltre a queste emozioni, la lessicografia di Lomas ha anche identificato alcune caratteristiche e comportamenti personali che potrebbero determinare il nostro benessere a lungo termine e il modo in cui interagiamo con altre persone.

Dadirri (termine aborigeno australiano): profondo atto spirituale di ascolto riflessivo e rispettoso

Pihentagyú (ungherese): letteralmente significa “con un cervello rilassato”, descrive persone intelligenti che possono inventare scherzi o soluzioni sofisticate

Desenrascanço (portoghese): ¿per districarsi abilmente da una situazione problematica

Sukha (sanscrito): autentica felicità duratura indipendentemente dalle circostanze

Orenda (Huron, una delle lingue degli irochesi): il potere della volontà umana di cambiare il mondo di fronte a forze potenti come il destino

Lomas ammette prontamente che molte delle descrizioni che ha offerto finora sono solo un’approssimazione del vero significato del termine. “L’intero progetto è un “work in progress”, e continuo a mirare a perfezionare le definizioni delle parole nella lista”.

Schadenfreude:
Avete presente quel brivido di gioia che si prova venendo a sapere le sciagure di qualcun altro? Ecco, se non lo avete mai provato siete delle brave persone, ma in quel caso probabilmente avrete sospettato che qualcuno lo abbia sperimentato nei vostri confronti. E’ quel sentimento da nascondere perchè crudele, ma che talvolta non si può reprimere, pur sfoderando la migliore faccia triste e dispiaciuta della vostra vita.
Gli antichi greci la chiamavano epichairekakia (rallegrarsi del male) e i romani malevolentia (da cui deriva il nostro “malevolenza”) ma oggi la parola usata più di frequente è questo termine tedesco che si compone di schaden (danno) e di freude (piacere) e sta a indicare il godimento illecito della sfortuna altrui, ben diverso da un sentimento più diretto come può essere il compiacimento.Il filosofo romano Lucrezio sosteneva che il diletto nell’assistere ai problemi di un’altra persona non è immorale, ma è la consapevolezza di essere immuni a tali affanni, perché non è noi che stanno affliggendo in quel preciso momento.Ma siamo attratti dalle sventure altrui per varie ragioni. Ad esempio vedere un nostro concorrente o rivale che fallisce ci fa sentire bene perché pensiamo, a torto, che a quel punto a noi le cose andranno benissimo.

Song Si tratta della percezione particolarmente intensa di aver subito un torto, anche per questioni che possono sembrare futili, come l’aver ricevuto meno di quanto era giusto. Gli abitanti di Ifalunk, una piccola isola nel Pacifico, utilizzano questo termine per indicare la rabbia mista a delusione provata quando qualcuno viola uno dei loro principi chiave, rifiutandosi di condividere un oggetto o un bene. È il risentimento innescato da un’infrazione morale. In una società capitalistica come la nostra è un sentimento difficile da comprendere ma la cultura degli Ifaluk si basa su interdipendenza e collaborazione.

Torschlusspanik È una parola usata per descrivere l’agitazione nervosa tipica che proviamo quando ci rendiamo conto di essere a corto di tempo, la pressione per una scadenza imminente. In tedesco, la traduzione letterale è “panico del portone che si sta chiudendo” e ha un’origine medievale relativa alla porta del castello che si chiudeva quando si avvicinava un’armata pronta a dare battaglia, facendo correre tutti in salvo prima che fosse troppo tardi. Oggi il portone che si chiude è un’immagine metaforica e pare che i tedeschi utilizzino questo termine per descrivere il terrore di alcune donne nel sentire il ticchettio immaginario del loro orologio biologico.

Le Predizioni: un’altra visione
Predizione, bias, euristiche. Il nostro cervello si basa sulle esperienze e le predizioni sono la base di ogni esperienza. Le predizioni sono primordiali, ci aiutano a dare un senso al mondo in modo veloce ed efficiente. Facendo uso e leva sulle esperienze passate il nostro cervello elabora, predice, costruisce il modo in cui percepiamo la realtà, la nostra realtà.La modalità con la quale reagiamo alle emozioni altrui  è legata al nostro impianto predittivo, noi immaginiamo di “leggere” in faccia le emozioni altrui, in realtà nel preciso istante in cui scorriamo il nostro “book di espressioni” altro non facciamo che una previsione basata su esperienze passate per cercarne un senso evocativo. Quindi…le emozioni che crediamo di  individuare negli altri in realtà provengono in buona parte da quello che vogliamo-vorremmo vedere, suscitare, generare.
In sintesi, le emozioni che sembrano capitarci in realtà sono generate da noi, non siamo prigionieri di pacchetti preconfezionati, nascosti in qualche parte recondita del cervello! Abbiamo molto più controllo sulle nostre emozioni di quanto non crediamo e, la vite e le esperienze lo dimostrano. Il cervello è strutturato in modo tale che , cambiando i paradigmi utilizzati per generare emozioni, possiamo trasformare la nostra vita emotiva, insegnare a noi stessi come predire il futuro in modo differente, per elevarci e fortificarci.

Gianluca Grossi